Mpumalanga, Sudafrica, agosto 2001. Canon EOS 3, ob. Canon 17-35mm f2.8, Fuji Velvia 50, Scanner Nikon Coolscan V ED.
Leggo Claudio Marra, rifletto sulla natura dadaista della fotografia nella sua essenza e ripenso alla bizzarra storia dell'orinatoio del signor Mutt.
Il grande Marcel Duchamp, nel 1917 creò l'opera
Fontana, un comune orinatoio modello Bedfordshire posizionato al rovescio e firmato con lo pseudonimo R. Mutt. Si trattava di uno dei primi
ready-made dadaisti e un critico d'arte scrisse:
«Se Mr. Mutt abbia fatto o no la fontana con le sue mani non ha importanza. Egli l'ha
scelta. Ha preso un comune oggetto di vita, l'ha collocato in modo tale che il suo significato pratico scomparisse sotto il nuovo titolo e punto di vista; egli ha creato una nuova idea per l'oggetto».
Il gesto di ogni fotografo si configura sostanzialmente allo stesso modo, ogni fotografia, nella sua essenza, è un
ready-made dadaista. Il fotografo non produce alcunché, si dedica soltanto ad effettuare delle
scelte.
Ecco perché ogni tentativo di
pittorializzare la fotografia, sia in ripresa, sia in postproduzione, analogica o digitale che sia, rappresenta un tradimento della sua natura più profonda.
Nel 2004,
Fontana di Duchamp venne considerata, da un gruppo di cinquecento esperti selezionati, l'opera d'arte più influente del ventesimo secolo.
La fotografia qui accanto, scattata molti anni fa in analogico, in un parco del Sudafrica, mi ha sempre dato l'idea di evocare, almeno al primo colpo d'occhio, una composizione astratta. In realtà si tratta solo di una cascatella, una piccola
fontana, che a metà del suo salto forma una grossa pozzanghera su una cengia di roccia; niente di più reale. Dunque la sensazione astratta deriva solo dalle mie scelte, da come ho deciso di acquisire l'immagine, senza ricorrere ad alcun intervento in post.
Saluti dadaisti.
Claudio Marra
Fotografia e pittura nel Novecento (e oltre)
Bruno Mondadori Editore